- Il campione analizzato non può essere considerato rappresentativo ed estendere e generalizzare i risultati a tutta la popolazione è operazione priva di fondamento scientifico.
- I ricercatori di Liegi sostengono che “occorre essere molto prudenti nel confrontare i risultati”
- I valori rilevati indicherebbero una esposizione pregressa e non attribuibile alle produzioni recenti di Solvay
- In una nota tecnica inviata agli Enti analizzate le criticità strutturali e metodologiche.
Solvay ha sottoposto i contenuti delle analisi condotte dal Centre Hospitalier Universitaire di Liegi (Belgio) ad un approfondimento scientifico, tramite i propri esperti tossicologi e statistici, e ne ha redatto una nota tecnica che è già stata consegnata agli Enti[1].
Le analisi hanno coinvolto 52 volontari – un numero così esiguo che avrebbe dovuto imporre una particolare cautela nella lettura e interpretazione dei risultati – ai quali è stato prelevato del sangue per valutare la presenza di PFAS e confrontare le concentrazioni rilevate tra coloro che vivono a Spinetta Marengo e quelli che vivono ad Alessandria.
Per Solvay nulla è più importante della salute e della sicurezza dei propri collaboratori e delle comunità locali. Solvay non intende sottovalutare le iniziative finalizzate alla tutela della salute pubblica né tantomeno sminuire quello che potrebbe essere un legittimo interesse dei singoli coinvolti nella analisi ma non può accettare passivamente che dati così delicati vengano strumentalizzati a danno del bene comune e della propria reputazione.
Infatti, se analizzati rigorosamente, i documenti prodotti dall’Università di Liegi ridimensionano in modo significativo gli allarmi e le preoccupazioni espresse mediaticamente relativi agli esiti delle analisi, sia dal punto di vista del risultato oggettivo delle analisi (le concentrazioni di PFAS rilevate dai ricercatori nei campioni di sangue dei volontari) sia in ragione di alcune significative criticità metodologiche che rendono azzardate e prive di fondamento scientifico alcune conclusioni.
Diversamente dai toni allarmistici e catastrofici utilizzati da alcuni commentatori e personaggi pubblici, sono gli stessi scienziati di Liegi a dare una valutazione più equilibrata dello stato di salute analizzato dichiarando che “i valori [soglia] – superati in molti campioni prelevati dai volontari residenti a Spinetta Marengo – non intendono quantificare il rischio per la salute di un individuo in ragione del suo livello di esposizione, ma piuttosto evidenziare gli individui per i quali è necessario adottare misure per ridurre la loro esposizione applicando il principio di precauzione”.
Le valutazioni operate dagli scienziati incaricati da Solvay sono illustrate in dettaglio nella nota consegnata agli Enti ed evidenziano, in particolare, quanto segue:
- Lo studio in questione, costruito attraverso l’adesione volontaria dei soggetti analizzati ha un valore “esplorativo” e consente di costruire solo delle semplici ipotesi di associazione tra esposizione ed effetto ma non può essere considerato rappresentativo delle popolazioni di Spinetta Marengo e di Alessandria.
- I risultati delle analisi possono avere un significato solo per i soggetti studiati ma estendere e generalizzare i risultati dello studio a tutta la popolazione di Spinetta Marengo e Alessandria è una operazione arbitraria e priva di fondamento scientifico.
- Le profonde differenze individuali che caratterizzano i due campioni (come età, genere e storia lavorativa dei singoli) – e delle quali i ricercatori belgi danno ampiamente conto nel report – impediscono di considerare oggettiva la valutazione dei livelli di esposizione individuale ai PFAS e facilitano invece l’introduzione di elementi distorsivi che possono determinare l’invalidità radicale dei risultati delle analisi. Sono proprio i ricercatori di Liegi a sottolineare che: “occorre […] essere molto prudenti nel confrontare questi risultati. In effetti i due gruppi di volontari di Spinetta ed Alessandria sono significativamente diversi, soprattutto per quanto riguarda l’età […]; le due popolazioni sono quindi molto diverse in termini di caratteristiche potenzialmente correlate ai livelli di PFAS, il che potrebbe indurre un bias [distorsione, ndr] nei risultati ottenuti”.
- Le informazioni fornite dai ricercatori circa il gruppo di adulti residenti in Vallonia (Liegi) non esposti professionalmente, sono così scarse che anche le valutazioni in merito alle differenze riscontrate nei valori ematici dei volontari del Piemonte e dei residenti della Vallonia devono essere ritenute prive di validità scientifica.
- Il ricorso all’indicatore statistico noto come “95° percentile” (P95) – sulla scorta del quale i ricercatori affermano che le concentrazioni di PFOA dei residenti a Spinetta sono fino a “10 volte più alte” rispetto al campione di Alessandria e della Vallonia – non rappresenta una modalità statistica corretta, atta ad analizzare le informazioni raccolte nell’ambito di un’indagine condotta su gruppi così poco numerosi e che presentano una distribuzione fortemente asimmetrica dei valori ematici di PFAS.
Nonostante le individuate criticità strutturali e metodologiche dello studio, i risultati delle analisi consentono alcune importanti sottolineature nel “merito”:
i diversi livelli di PFOA rilevati nel sangue dei volontari, più alti tra gli anziani (in prevalenza Spinettesi) e più bassi tra i giovani (Alessandrini) sono molto ragionevolmente l’indice di una esposizione pregressa che risale a tempi remoti (quelli nei quali il PFOA era ampiamente presente nel polo chimico), e che è poi progressivamente diminuita negli anni fino alla definitiva dismissione del composto e non la dimostrazione di una maggiore esposizione dei spinettesi rispetto agli alessandrini. Si ricorda infatti che dei sette composti individuati dalla ricerca[2], solo il PFOA è stato
- utilizzato a Spinetta Marengo, durante la gestione Montedison, e il suo utilizzo è stato completamente interrotto nel 2013 da Solvay (con due anni di anticipo rispetto a quanto previsto dal programma internazionale per l’eliminazione totale dell’uso di PFOA al quale Solvay ha aderito volontariamente, pur in assenza di una specifica normativa).
- i ricercatori sottolineano che non è stata trovata alcuna traccia di cC6O4 nei campioni di sangue analizzati. Un risultato che induce a escludere l’esistenza di una esposizione “recente” a PFAS, e dunque rafforza l’ipotesi, avanzata dai medesimi ricercatori di Liegi, che anche i valori di PFOA trovati nel siero dei volontari siano attribuibili a un’esposizione avvenuta in tempi remoti, non alimentata dall’attuale gestione dello stabilimento da parte di Solvay.
[1] PFOA, PFOS, PFHxA, PFHpA, PFHxS, PFNA e PFDA.
[2] Comune di Alessandria (Direzione Ambiente, Trasporti e Sanità – Servizio Tutela dell’Ambiente); ARPA Piemonte (Dipartimento Territoriale Piemonte Sud Est); ASL-AL SISP (Servizio di Igiene e Sanità Pubblica); ASL-AL – SPRESAL (Servizio Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro); Provincia di Alessandria (Direzione Ambiente e Pianificazione - Servizio Tutela del Suolo).