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Studi scientifici sul C6O4

C6O4: Studi scientifici dimostrano il profilo di sicurezza del nuovo fluorotensioattivo di Syensqo

Quindici studi scientifici condotti da importanti istituzioni accademiche italiane e accettati per pubblicazione da riviste scientifiche internazionali (peer-reviewed) hanno confermato il profilo di sicurezza del C6O4 rispetto ad altri fluorotensioattivi. Il C6O4 è il fluorotensioattivo di nuova generazione che Syensqo utilizza come ausilio alla polimerizzazione nella produzione di alcuni fluoropolimeri, in una fase di transizione verso le nuove tecnologie senza fluorotensioattivi. Questa molecola, che non è né bioaccumulabile né biopersistente, ha completamente sostituito il PFOA dal 2013 presso il sito di Spinetta Marengo (Italia), ben prima delle raccomandazioni introdotte a livello internazionale.

Il C6O4 è registrato secondo il Regolamento REACH dell'UE. Come parte di questo processo di registrazione, sono stati condotti più di 30 studi per valutare il suo profilo tossicologico e ambientale. Questi studi sono stati effettuati da laboratori privati europei esterni in conformità con le GLP (Buone Pratiche di Laboratorio). La ricerca scientifica continua in collaborazione con importanti istituzioni accademiche, per approfondire le conoscenze scientifiche sul C6O4. In particolare, sono stati eseguiti studi in vitro su cellule umane di diversi organi per capire le interazioni e la tossicità del C6O4, studi ecologici per valutare l’impatto ambientale della molecola e sono stati pubblicati studi sul biomonitoraggio dei lavoratori esposti per derivare il tempo di emivita del C6O4.

Aggiornamento sui recenti studi scientifici 

  • Il profilo di sicurezza del C6O4 per quanto riguarda la funzione tiroidea è dimostrato nel lavoro pionieristico dell'Università di Pavia pubblicato nel Journal of Endocrinological Investigation nel 2021, che ha concluso che “il fluorotensioattivo di nuova generazione C6O4 non produce effetti avversi sulle cellule tiroidee”. Un altro studio condotto dalla stessa Università, pubblicato nel 2023 in Environmental Science and Pollution Research, conclude che il C6O4 non influenza il meccanismo di sviluppo del cancro. Più recentemente, nel maggio 2024, uno studio che ha valutato in vitro gli effetti di C6O4 e PFOA nei marcatori coinvolti nella fase iniziale dei meccanismi cancerogeni ha concluso che il C6O4 ha mostrato solo effetti marginali in un meccanismo di pre-cancerogenesi, rispetto al PFOA.

  • Ancora in riferimento agli studi in vitro sulla tiroide, una ricerca condotta dall'Università di Padova - e pubblicata nel giugno 2022 in Frontiers of Endocrinology - ha confermato che il C6O4 non ha avuto effetti dannosi sulla tiroide, e ha evidenziato che la molecola possiede un profilo tossicologico più sicuro rispetto ai fluorotensioattivi di vecchia generazione.

  • Un ulteriore studio dell’Università di Padova pubblicato nel dicembre 2022 ha dimostrato con ulteriori evidenze sperimentali che il C6O4 non provoca alcun effetto associato a tossicità nelle cellule del cervello umano. Inoltre, un articolo precedentemente pubblicato su Environment International nel gennaio 2022 aveva già dimostrato l’assenza di C6O4 nel cervello umano nella popolazione generale potenzialmente esposta a PFAS.

  • Più recentemente, nel dicembre 2023, l’Università di Padova ha dimostrato in uno studio pubblicato su Toxicology Reports che il C6O4 interagisce con i lipidi di membrana in modo diverso rispetto ai fluorotensioattivi di vecchia generazione riducendo l'impatto sulla membrana cellulare. 

  • Sempre nel dicembre 2023 la stessa Università di Padova ha pubblicato uno studio in Toxicology evidenziando che il C6O4 non si lega alla proteina legante l'ormone testosterone e non interferisce con il testosterone nel meccanismo di legame.

 

Per quanto riguarda il bioaccumulo e la biopersistenza, gli studi che spiegano i meccanismi responsabili della bassa biopersistenza del C6O4 nel sangue che sono 1) scarso legame con l'albumina sierica umana e 2) rapida eliminazione attraverso le urine, vengono riportati sotto. La brevissima emivita nel sangue del C6O4 nell'uomo è ulteriormente confermata dal monitoraggio biologico dei lavoratori, che ne ha evidenziato il basso profilo di biopersistenza.

  • Nel settembre 2022 è stato pubblicato su Chemical Research in Toxicology un importante studio condotto da un team di ricercatori dell'Università di Padova - tra cui il Prof. Carlo Foresta - in collaborazione con l'Università Ca Foscari di Venezia. Lo studio ha concluso che, dal punto di vista della biopersistenza, il C6O4 presenta caratteristiche migliori rispetto agli altri fluorotensioattivi analizzati dimostrando scarsa interazione con l’albumina serica.

  • Un gruppo di ricerca dell'Università di Torino ha dimostrato il meccanismo associato alla natura non bioaccumulabile e non biopersistente del C6O4 in un articolo pubblicato nel giugno 2022 su Toxicology Journal. Lo studio ha rivelato i meccanismi alla base della breve emivita osservata per il C6O4, spiegata dalla scarsa interazione con recettori urinari e dalla sua rapida eliminazione attraverso le urine.

  • Nel gennaio 2023, è stato pubblicato su Annals of Work Exposures and Health uno studio sul monitoraggio biologico dei lavoratori nei due siti di Spinetta Marengo e Bollate nel periodo 2004-2021. Questo lavoro, condotto presso l'Università Statale di Milano e la Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico, fornisce indicazioni che il C6O4 non si bioaccumula nel sangue dei lavoratori. Più di recente, nell’agosto 2024, lo stesso team dell’Università di Milano ha pubblicato sulla rivista International Journal of Hygiene and Environmental Health uno studio sui lavoratori di Spinetta Marengo e Bollate, che analizza eventuali correlazioni tra la variazione di più di 30 parametri ematologici e le concentrazioni di PFOA, ADV e C6O4 nel sangue. Per i primi due fluorotensioattivi, sono state individuate associazioni con il colesterolo e con alcuni enzimi epatici che non suggeriscono preoccupazioni dal punto di vista clinico-tossicologico. Per il C6O4, le variazioni osservate non sono rilevanti.

  • Il basso profilo di bioaccumulazione è stato recentemente confermato dallo studio pubblicato su Toxics nel marzo 2023, sviluppato partendo dal monitoraggio biologico dei lavoratori di Spinetta Marengo,  che ha dimostrato una emivita di pochi giorni nel sangue umano. 

 

 

Studi ambientali

Una serie di studi volti a valutare approfonditamente il profilo ambientale del C6O4 sono stati avviati con l'Università Ca Foscari di Venezia in collaborazione con l'Istituto IMDEA nel 2021. Finora, sono stati pubblicati i seguenti articoli:

 

  • Nel maggio 2023, una revisione sulle proprietà ecotossicologiche e sui dati di esposizione ambientale del C6O4 è stata pubblicata in Integrated Environmental Assessment and Management. Tale studio ha illustrato i risultati disponibili sull'ecosistema acquatico di acqua dolce, sulla biodegradazione e sulla distribuzione ambientale del C6O4. Sulla base di questi dati e della concentrazione nell'ambiente, è possibile escludere il rischio ecologico per l'ecosistema acquatico associato alla presenza di C6O4. 

  • In uno studio sull'ambiente artificiale di acqua dolce all'aperto pubblicato su Aquatic Toxicology nel 2024, sono stati esaminati un totale di 26 macroinvertebrati, 61 fitoplancton e 14 specie di zooplancton per valutare l'effetto del C6O4 disciolto nell'acqua. In conclusione, non sono previsti rischi ecologici alla concentrazione ambientale. 

  • Inoltre, uno studio pubblicato su Science of The Total Environment nell'aprile 2024 descrive i primi dati ecotossicologici del C6O4 sui lombrichi, i risultati dello studio dimostrano che il potenziale di bioaccumulo del C6O4 è estremamente basso e, inoltre, non sono stati osservati effetti biologici a concentrazioni realistiche nel suolo. 

  • Sempre sulla rivista Science of The Total Environment, un’altra ricerca pubblicata nel maggio 2024, ha affrontato l’analisi dell’assorbimento del C6O4 da parte delle piante terrestri (mais e pomodoro) attraverso uno studio in serra. I risultati dello studio hanno dimostrato un basso fattore di bioaccumulo in entrambe le piante, che non influenza le parti commestibili.